L'infinito mare dell'essere, tra pensiero antico e tardo-antico

L'infinito mare dell'essere, tra pensiero antico e tardo-antico

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Il mare e l’infinito. Due termini inscindibilmente connessi che nella storia della cultura occidentale hanno pervaso l’immaginario simbolico di ogni disciplina, e proprio su di essi il mondo moderno ha “fondato” la propria ragion d’essere, dalle esplorazioni oceaniche all’alba della storia moderna sino al contiguo sviluppo senza limite del libero mercato e della scienza. Eppure, alle radici spirituali di quella storia, per i filosofi della Grecia antica l’infinito, ἄπειρον, era sinonimo di caos, principio malvagio della dissoluzione dell’ordine cosmico e sociale, e il mare assurgeva a suo simbolo. Nella fase tarda dell’età antica assistiamo invece ad un mutamento assiologico radicale dell’idea d’infinito, per cui negli scritti dei pensatori cristiani eredi della filosofia ellenica dei primi secoli tale concetto diviene attributo di Dio, dell’Uno, Sommo Bene, e così il mare manifestazione della sua infinita essenza. Attraverso alcune testimonianze dei grandi interpreti della modernità, è possibile misurare l’importanza di tale mutamento e l’influenza che esso ha avuto nella storia della cultura, segno di come la metaforica marina conservi ancora l’antico legame con l’infinito e con la sua storia.

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Sull'autore

Daniele Iezzi

Daniele Iezzi è dottore triennale in Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e si è laureato in storia della filosofia, sotto la supervisione del Prof. Giuseppe Girgenti di cui è allievo, con una tesi sul neoplatonismo nel pensiero del Padre della Chiesa Gregorio di Nissa. Studente magistrale presso il medesimo ateneo con un progetto di tesi su Plotino, ha svolto un periodo come Visiting Student presso la University of Oxford.

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