
Dopo decenni di attestati di morte o di condanne senza appello, l’utopia sembra dare timidi segnali di ripresa. Dopo la decretata fine dei grandi progetti e delle grandi narrazioni, pare ci si accorga lentamente che non si può vivere senza progettare e anticipare qualcosa del futuro. Tuttavia ben raramente si sottolinea la centralità dell’utopico. E quasi mai si ricorda il filosofo, Ernst Bloch, che proprio un secolo fa ha ripreso e rilanciato il tema “utopia” in tutta la sua pregnanza umana e cosmica assumendolo nel titolo della sua prima grande opera: Spirito dell’utopia (1918). Eppure senza questo “spirito” vasto e profondo anche il rilancio dell’apertura progettuale può avere solo un respiro corto e labile. Per questo è indispensabile richiamare l’attenzione su questo autore, che riporta l’utopico alle sue radici, alle sue motivazioni e ai suoi snodi di fondo. Il libro si concentra appunto sul nucleo filosofico del suo poliedrico pensiero, ampiamente orchestrato nel monumentale capolavoro Il principio speranza(Mimesis 2019). I capitoli alternano presentazioni di carattere introduttivo e studi di approfondimento delle tematiche individuate come centrali (utopia-speranza, ontologia-logica), a cui affiancano esempi del confronto di Bloch con altri pensatori: un autore contemporaneo (Heidegger) e autori del passato (Gioacchino da Fiore e Agostino). Il filo conduttore è il compito di ripensare l’utopico nel suo senso radicale di spirito e di principio che informa tanto il vivere dell’uomo quanto l’essere del mondo.
Dettagli libro
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Editore
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Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
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Collana
Sull'autore
Gerardo Cunico
Gerardo Cunico insegna Filosofia teoretica all’Università di Genova. Tra le sue pubblicazioni, che comprendono studi sulla filosofia tedesca (Lessing, Kant, Nietzsche, Bloch e la Scuola di Francoforte), sul messianismo filosofico e su quello polacco in particolare, ricordiamo gli ultimi libri: Oltre Saturno (2006); Lettura di Habermas (2009); Wege dorthin (2015). Per Mimesis dirige con Pierfrancesco Fiorato la collana “Varchi”.