In questo breve scritto del 1904, che qui presentiamo in traduzione italiana, Santayana sintetizza mirabilmente la propria visione dell’estetica, che aveva già trovato un’ampia formulazione nel suo capolavoro giovanile, The Sense of Beauty (1896). Lungi dall’essere un ambito isolato da ogni altro fenomeno vitale e culturale e dall’essere irrigidita in una mera dottrina speciale, l’estetica – secondo Santayana – affonda le radici nella dimensione spontanea e immediata dell’intera esperienza, rivendicando così una sorta di primato dell’estetico, il primato cioè di quel senso dell’immediato, del non adulterato, dell’istante fatto dell’esperienza. Integrare la bellezza e l’arte, così come ogni altra attività umana, con la vita, restituire ad esse quella affermatività, quella forte vitalità del precategoriale dal quale sorgono: ecco forse l’obiettivo di fondo del pensiero estetico di Santayana. Il testo è preceduto da una introduzione che delinea il profilo intellettuale di Santayana ed è seguito da una postfazione che colloca e interpreta l’opera nell’insieme del suo pensiero.
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Italian -
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About the author
George Santayana
George Santayana, spagnolo di nascita (1863) ma americano di adozione, è stato filosofo e scrittore raffinatissimo. Dopo aver insegnato a Harvard, accanto a personalità del calibro di Josiah Royce e William James, abbandona definitivamente gli Stati Uniti e si trasferisce nel vecchio continente, dove muore, a Roma, nel 1952. Noto soprattutto per il romanzo bestseller L’ultimo puritano, è autore di una vastissima opera filosofica in lingua inglese – che rimane perlopiù sconosciuta nel nostro paese –, tra cui ricordiamo i capolavori The Life of Reason (1905-06), The Realms of Being (1927-40) e l’autobiografia Persons and Places (1944-53).