La dottrina buddista dell’esperienza

La dottrina buddista dell’esperienza

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Vasubandhu, dopo Nāgārjuna, è il più importante autore del buddismo indiano. La tradizione Zen e quella della Pura Terra lo annoverano tra i loro patriarchi. Tuttavia, a oggi, delle sue opere ben poco è stato pubblicato in italiano. Questo testo, che contiene anche uno scritto di Asan·ga, vuole contribuire a colmare la lacuna. L’opera di Vasubandhu mostra nitidamente il funzionamento sottile dell’essere umano, uno svelamento che, pur finalizzato al come e al perché della pratica buddista, potrebbe modificare il corso stesso della cultura occidentale, sia laica sia religiosa, andando ben oltre Freud e ogni possibile utilizzo concettuale del termine “Dio”.

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Vasubandhu

Vasubandhu, nato nel IV secolo a Purus·apura, odierna Peshawar, in quello che era allora il regno di Gandha¯ra, monaco buddista dell’ordine dei Sarvāstivādin, fu soprattutto uno strenuo praticante della forma base della pratica buddista. Abbracciata la visuale mahāyāna grazie al fratello maggiore Asan·ga, divenne l’esponente di riferimento della “scuola” Yogācāra, di cui è considerato fondatore, in continuità con il fratello. Fino a noi sono giunte quarantasette sue opere, tra originali in sanscrito, traduzioni cinesi e traduzioni tibetane. Dal punto di vista del “sistema” Yogācā¯ra, le più significative sono quelle qui tradotte: Commentario dei Versi sulla distinzione tra il centro e gli estremi (Madhyānta-vibhāgaa-kārikā-bhās·ya); L’insegnamento delle tre nature (Trisvabhāva-nirdes´a); Un trattato in trenta stanze (Trim·s´ikā-kārikā); Un trattato in venti stanze (Vim·śatika¯-kārikā).

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