Aristotele il filomita

Aristotele il filomita

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Che cosa ha a che fare Aristotele con l’amore per il mito? Quel “nulla” apparentemente obbligato con cui risponderemmo si frantuma contro il fatto che fu proprio lui a introdurre la figura del filomita nello stesso momento e luogo di nascita della filosofia (Metafisica); a descrivere filomiti in conversazione, come a banchetto (Etica Nicomachea); perfino a definire se stesso un filomita, tanto più tale in una situazione di isolamento e solitudine (Fr. 668 Rose). L’analisi dei tre luoghi filomitici procede con l’elaborazione della filosofia delle “meraviglie” aristoteliche, con il nesso meraviglia-formazione dell’universale e il vertice “tribeato” della somma meraviglia divina, per altro umanamente accessibile. Questa rarefazione teorica va a bilanciarsi con la ricognizione del luogo e del peso che, nel corpus aristotelico, occupano i miti e, con essi, il Grundmythos del Grande Anno, dell’Eterno Ritorno. La ricomparsa del filomita – le cui sopravvivenze post-aristoteliche compongono un’implicita antologia filomitica – facilita poi l’apprezzamento della componente “aristotelico-filomitica” in autori aristotelicamente eccentrici – non aristotelisti e tanto meno aristotelizzanti – quali Kierkegaard e Pound.

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Sull'autore

Giorgio Volpi

Giorgio Volpi è nato a Città di Castello (PG) il 21 aprile 1954. Si è laureato in Scienze politiche e in Filosofia. Ha insegnato economia negli istituti professionali e tecnici e filosofia nei licei.

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